
Parafrasando il titolo del noto film “La morte ti fa bella” irriverente commedia incentrata sul desiderio della bellezza immortale mi viene naturale accostare l’argomento del film alla nota vicenda che in questo periodo ha travolto Armine Aharutyunyan, giovane e contestata modella di Gucci.
Con il suo viso dai tratti tipicamente Armeni: lineamenti spigolosi e decisi, naso adunco e sopracciglia folte è diventata suo malgrado facile bersaglio dei soliti haters che, indisturbati sul Web, continuano a inondare di offese i suoi profili social.
Una storia tristemente uguale a tante donne comuni, che grazie alla notorietà della Maison Gucci , ha offerto al mondo un modello di bellezza non convenzionale e riuscendo a generare così tanto clamore da sortire esattamente il contrario: da vittima di body shaming a icona della lotta contro la bellezza stereotipata.
A chi le ha chiesto di commentare la bufera di commenti che ha ricevuto e che non si aspettava, la sua perentoria risposta è stata: “hanno paura, li ignoro”
In un mondo di bellezze artificiali come quello di questo tempo dove tutti o quasi siamo vittime di canoni di bellezza convenzionali, ci ha forse ha insegnato che più che una faccia è importante mostrare al mondo cosa si ha da dire e da fare e che non ci si deve necessariamente adeguare ad un concetto di bellezza alterato da effetti e face filters.
Forse il vento del cambiamento inizia a spirare forte, così tanto forte che nel nome della body positivity, del plus size e curvy is better, l’essenza del proprio essere sarà l’antitesi ad un ideale assoluto di bellezza che non esiste più.
Graziella M.