
Devo essere sincera fino in fondo sul fatto che fino a poco tempo fa’ osservavo il fenomeno Chiara Ferragni con un certo non so che di diffidenza che credo mi accomuni, o mi abbia accomunato, a “molte” di noi rispetto al fenomeno delle influencers.
Ho volutamente declinato l’aggettivo “molte” al femminile proprio perché purtroppo quel tipo pregiudizio è un malaffare tipicamente nostro.
Ma in fondo in fondo sono sempre stata abbastanza infastidita da questo mio retro pensiero, io che non sopporto chi giudica senza conoscere, chi etichetta a priori, figurati se potevo ostinarmi a non capire meglio.
Dovevo solo prendermi la briga di andare oltre al mio istinto e provare a “conoscere” la sua storia per capire del perché mi ostinassi a non provare se non simpatia a pelle, quantomeno un briciolo di sana ammirazione verso questa donna che la rivista Forbes nel 2019 ha eletto come la giovane IT girl più influente al mondo.
Non è da me, non è da noi.
Il lavoro che facciamo ci pone costantemente a “prova di nervi”; capita infatti sovente durante la settimana della moda, nel contesto delle sfilate e degli eventi Glam che seguono, di essere circondate da miriadi di donne bellissime, al limite della perfezione, quasi da essere ormai assuefatte dal bello assoluto e aver serenamente accettato questo confronto certamente impari.
Poi improvvisamente lo switch off ! Arriva il lockdown e anche io come tutti sono costretta a restare a casa, sono annoiata, passo il tempo sul divano e faccio zapping con il telecomando alla ricerca di un qualcosa che possa stimolare la mia apatia.
Scherzo del destino mi imbatto su “Unposted”, proprio lui il film su Chiara Ferragni addirittura presentato alla Biennale di Venezia con tanto di Red Carpet.
In realtà è un docu-film ricco di annedoti inediti che intreccia vita pubblica e privata, a tratti persino troppo autocelebrativo, ma in definitiva vero in tutte le sue sfumature,perché in fin dei conti dietro un selfie che in pochi istanti riesce a raccogliere migliaia di like non può esserci solo la fotogenia di Chiara, in qualche modo un mix di competenze ed intuizione devono pur appartenerle.
Il dado è tratto!
Digito play e immagine dopo immagine scopro ciò che in fondo era nell’ordine naturale delle cose:
metti una ragazza di provincia semplice e di buoni principi, la classica ragazza della porta accanto, aggiungi che la natura ha fatto bellissima, guarda caso è anche sveglia, appassionata di moda e fotografia e che un bel giorno trasforma le sue passioni in un lavoro.
Nel 2009 fonda il blog The blonde salad e da lì nasce la storia di una influencer da 3 milioni di followers, che diventa poi l’imprenditrice digitale da 10 miliardi di Euro fino a diventare oggetto di studio ad Harvard.
Una semplice ragazza estremamente acuta e lungimirante, la prima italiana a captare qualcosa che negli Usa stava già iniziando a funzionare ( Olivia Palermo una delle prime) e a provare a riproporlo a modo suo, senza lasciarsi frenare dal senso di inferiorità che perseguita molti di noi («In Italia non funzionerebbe»), ma anzi superando di gran lunga le sue “maestre” e finendo per modificare il business della moda a livello globale.
Una storia di successo perfettamente contemporanea che varrebbe la pena, prima o poi, raccontare bene, distaccandosi dalla figura di Web Girl finalizzata a soddisfare il solo proprio ego personale, e provare invece a trarne fonte d’ispirazione per i futuri mestieri che il mondo del Web aspetta solo di accogliere.
G.M